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Polignano fatto in amore.

Polignano fatto in amore.

È iniziato tutto da 4 amici e un risciò.
Ma le ciambelle fatte con amore riescono sempre col buco, sempre.
Anche quando gli ingredienti sono pochi e semplici.

È così che ha visto la luce qualche anno fa Polignano Made in Love’, che non è solo un’agenzia, che non è solo un servizio, che non è solo un’associazione, è una bottega, una bottega del turismo e siccome sono una fanatica della semantica fosse per me chiuderei qua.

Perché in una ’bottega’ c’è tutto, c’è la passione, ci sono le mani, c’è il saper fare, c’è il metterci il corpo, l’anima, il nome e la faccia.

In una bottega quello che si fa primariamente non è vendere.

Ma realizzare un’idea.

L’idea di ‘Polignano Made in Love’ è proprio semplice, dare alle persone quello che cercano.

Se tra di voi c’è qualche esperto professionista del marketing saprà, dopo anni e anni di pratica come me, che la cosa è tanto facile a dirsi quanto difficile da realizzarsi.

 

A Polignano ce l’hanno fatta.

Quando nel ’93 Domenico Modugno si è rappacificato con la sua terra natale in pompa magna, intasando completamente la cittadina e i dintorni per un concerto che ha chiamato più pellegrini di un giubileo, sono successe due cose:

La prima è che lui è tornato a casa dopo decenni di esilio dovuti a un’altra, dobbiamo dirlo alquanto lungimirante, strategia di marketing, che gli suggerì di millantarsi per siciliano, la seconda è che Polignano ha ricevuto in dote un futuro da meta turistica internazionale per essere il posto in cui è nato uno dei cantautori italiani che ha venduto più dischi al mondo.

Sono cominciati ad arrivare curiosi, viaggiatori di passaggio che hanno deciso di fare tappa per qualche ora, poi per una giornata, poi ancora per due.
Ora sulla piazzetta, accanto alla statua di Modugno, si fanno selfie a catena continua e se vi viene voglia di passare da queste parti scordatevi il sogno dell’on the road arrivo-prenoto e poi domani chissà.

Polignano da deviazione per amatori del ‘blu dipinto di blu’ è divenuta a tutti gli effetti una meta vacanziera e da Luglio a Settembre non c’è B&B che non sia tutto esaurito.
Sembra l’happy ending di una favola già conclusa, invece, per fortuna, non è così.
Perché qui c’è tanto altro e soprattutto, è proprio questo altro che le persone vogliono.

Se ne sono accorti i ragazzi di ‘Polignano Made in Love’ che con i loro risciò hanno iniziato semplicemente ad accompagnare i turisti per il centro storico.
C’hanno messo il cuore in quei minuti di sudore e pedalate sotto il sol leone, e il fiato regalato per raccontare le storie dei vicoli, delle grotte, delle terre e dei sapori, li ha trasformati in vati più che in tassisti.
E’ questo il buco della ciambella, questo che la gente cerca e vuole quando va in vacanza.

La gente vuole conoscere altra gente, vuole la connessione, vuole stare nelle cose, non solo fuori a fotografarle, vuole sapere, vuole i racconti, vuole spendere i soldi per comprare più di un pacchetto pernotto-colazione-transfer, vuole regalarsi un’esperienza.

Io me la sono regalata, mi sono lasciata prendere la mano da Vittoria, che mi ha ricordato che il successo non sempre è arrivare, ma a volte è tornare e soprattutto che non è un titolo, non è una cifra, non è quello che fai, ma quello che sei.

Vittoria che dopo 20 anni di assenza e una carriera lanciatissima in una multinazionale americana di beni di largo consumo ha avuto il coraggio di fermarsi e chiedersi cosa fosse per lei la felicità.

Vittoria che ha deciso di tornare, come Mimì, e che il suo personale concerto per Polignano lo sta ancora suonando, tutti i giorni, assieme ai soci della bottega.

Mi sono fatta portare a Cala Paura, dove si produceva il ghiaccio e per questo l’acqua era gelida da ‘farti prendere un colpo’, dove si fa il bagno fino a notte vicino alle barche dei pescatori e poi sui tavoli rimediati di un chioschetto si mangia il panino col polipo più buono del paese e si beve birra.

Ho visto Cala Incina, Porto Ghiacciolo e Cala Fetente, e le facce già stanche e a volte desolate di chi qui ci lavora e sente caldo e si scusa per l’attesa e per il troppo affollamento dei lidi perché non sa che per chi, come me, questi posti non li ha mai visti tutto è un regalo, meraviglioso.

Questo blu, questo bianco, queste cozze pelose servite con la lentezza di chi si prende cura, io non vedo la folla, io non sento l’attesa. Io vedo una danza continua di poesia.

La vedo al Bar dei Serafini, dove mi siedo quasi ogni mattina a fare colazione a strapiombo sul mare, la vedo da ‘Pescaria’ dove entri per chiedere un po’ di pesce per fare la pasta a casa ‘che stasera i bambini sono stanchi e si mangia in terrazza’ ed esci con un sughetto gourmet di prima categoria, inventato su due piedi da Lucio e arricchito man mano con gli ingredienti che ti presenta, che ti lascia assaggiare, mentre aspetti bevendo vino assieme a altre 30 persone in fila con richieste molto più facili da gestire della tua, solo che qui c’è scritto ben chiaro quando entri: ‘scusate l’attesa, ma faremo le cose per bene’.

La vedo nelle poesie di Guido, che si aggira con la sua sedia per i vicoli del centro storico, ogni tanto, quando ha l’ispirazione si siede e scrive, sui muri di Polignano, le poesie che inventa o che chiede in prestito ad altri poeti.
Si firma Guido ‘Le Flaneur’, 1946-2046 perché ha deciso di morire a 100 anni dopo che avrà cantato tutta la bellezza possibile del mare, del cielo e dell’amore.

La vedo nelle mani di Peppino Campanella, che mi regala un’ora nel suo laboratorio per raccontarmi dei suoi ‘oggetti di luce’, della sua storia di architetto annoiato convertitosi all’artigianato, della raccolta delle pietre, delle conchiglie, dei resti di mare degli albori, dell’ideazione che ha deciso debba trasformare ogni singolo pezzo che varchi la sua porta, della fatica delle consegne fatte di persona per lunghi anni in tutta Italia, che lo hanno portato ora a lavorare per nomi internazionali come quello di Peter Marino.

La vedo alla Fondazione Pino Pascali, dove sull’onda della furia creativa del grande artista che l’ha ispirata, un fermento continuo di giovani talenti di tutta Europa passa per Polignano a lasciare riflessioni in opere sui tratti somatici ineguagliabili di questa porzione di meridione.

La vedo nei gesti caldi e morbidi di Marina, che mi racconta la missione di Dire-Fare-Gustare, nata dal recupero di una Masseria di campagna e che accoglie oggi ospiti da tutto il mondo, giunti qui col passaparola non di una classe di cucina tradizionale, ma con quello delle ‘chiacchiere in cucina’, del viaggio alla scoperta dei sapori e delle cotture tipiche fatto gomito a gomito con Mara, la cuoca, e che si conclude con lo stesso attesissimo epilogo tutte le sere: la cena sociale con la famiglia al completo, occasione sacra di scambio, di confronto, di connessione, senza limiti di lingua, senza limiti di diversità.

La vedo, e la rincorro anche in tutto quello che non ho fatto e che tornerò di certo per assaporare, come ‘facciamolo in bici’, per arrivare pedalando di notte fino a San Vito con altre centinaia di partecipanti, come il ‘laboratorio di orecchiette’ con le nonne del paese o i tour enogastronomici.
Un mese fa sono stata a Favara dove ho avuto la fortuna di entrare al Farm Cultural Park.

La più bella scoperta di tutte è questo moto spontaneo e continuo di idee, di opere, di progetti, di scambi, questo abbraccio vorticoso tra tradizione e innovazione che va da sé e nel nostro Sud sarà, sono certa, la chiave della conservazione, dell’esaltazione, della rinascita.

Una Fattoria di Cultura in ogni paese, una catena di vita inarrestabile.
Quando faccio questi pensieri mi si strozza il fiato, mi scappa di fare, di gioire, di conoscere: una specie di incontinenza creativa.
Però siccome ho imparato che è nel silenzio e nel vuoto che si genera, mi fermo e respiro, e penso alla frase di una donna che ha saputo trovare un seme di vita dove era impossibile immaginarlo.


“Pensa a tutta la bellezza ancora rimasta attorno a te e sii felice.” Anna Frank.

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